Definizione sintetica dei costrutti teorici utilizzati in Psicologia Cognitiva
La strategia di intervento della psicoterapia cognitiva si fonda su alcune elementari basi teoriche, tra queste, significativo è il modello della "scopistica" (Castelfranchi - Parisi).
In breve, la mente è un apparato che ha la funzione di regolare il comportamento al fine di raggiungere degli scopi; in altre parole, le azioni di un individuo sono finalizzate e regolate da un sistema di scopi che insieme alle conoscenze (assunzioni, credenze) costituiscono le categorie di base dell'attività mentale.
Nel particolare, si mette in atto un'azione al fine di ottenere un cambiamento significativo dello stato attuale (stato percepito) in un altro stato da raggiungere (scopo) che si ritiene più favorevole.
Lo scopo altro non è che una rappresentazione interna a cui l'agente tenta di adeguare il mondo, attraverso l'azione.
Si presume, che l'individuo abbia più scopi che tra loro siano indipendenti e che sia capace di selezionare le azioni più appropriate per il raggiungimento dello scopo che in quel momento nella sua mente ha più valore e che se realizzato determina un certo grado di soddisfazione.
Le aspirazioni, i desideri, le intenzioni, le aspettative fanno parte della classe degli scopi.
Hanno una loro organizzazione gerarchica. Si distinguono in:
Struttura basilare del sistema cognitivo, originano gli scopi e sono rappresentazioni mentali e assunzioni dell'agente riguardo:
Le credenze in un sistema cognitivo sono legate tra loro da nessi di giustificazioni reciproca; ciò significa che cambiare la natura di una credenza comporta la revisione anche di tutte le altre ad essa collegate.
Una credenza è definita importante quando è supportata da più credenze e più credenze supporta, ciò determina anche il grado di resistenza al cambiamento e memorizzazione, ricordo della credenza stessa. Quanto più una credenza è certa e credibile tanto più verrà acquisita e mantenuta; la forza della sua credibilità dipende dalla fonte da cui deriva e dalla sua attendibilità, dal numero di fonti e dall'origine da credenze certe e affidabili.
Le fonti da cui possono derivare le credenze sono di natura percettiva, dai nostri sensi, sociale, appresi da altri e/o che altri credono, inferenziale, ossia derivate da altre credenze, inoltre, dalla percezione di sè (emozioni) e dalla introspezione cognitiva intesa come capacità di esplorare, valutare i contenuti delle proprie rappresentazioni.
Gli schemi sono modalità di organizzazione dei dati che generano il significato degli eventi; generano rappresentazioni che consentono di interpretare la realtà.
Esaminando gli eventi, il loro significato, gli schemi permettono di informarci dello stato del mondo rispetto agli scopi.
Gli schemi sono costituiti da una componente affettiva, una disposizione all'azione e conducono la regolazione del comportamento. Possono suddividersi in:
La funzione fondamentale di uno schema è quella di determinare un dominio cognitivo, differenziando il tipo di eventi che sono compresi nello schema e quelli che invece ne sono esclusi. Pertanto, l'attivazione di uno schema genera una sorta di "percezione" sul modello di eventi con cui ci si rapporta ed emerge il significato di tali eventi; lo schema è alla base delle regolarità nello stile rappresentativo di un soggetto.
È una funzione che mettiamo in atto costantemente e attraverso la quale regoliamo la nostra condotta quotidiana. E' la capacità di rappresentarsi eventi mentali, di attribuire a sé e agli altri stati mentali e di prevedere e spiegare il comportamento manifesto sulla base di queste rappresentazioni. Può accadere che tale capacità funzioni più o meno bene, che abbia insomma degli alti e bassi. In altre parole, tutti possiamo attuare un cattivo funzionamento metacognitivo per i motivi più svariati. Nel disturbo, la funzione metacognitiva può essere stabilmente deficitaria.
La valutazione delle risorse metacognitive riguarda il modo con cui il paziente comprende e padroneggia i contenuti problematici; quanto egli sia in grado di capire come funziona e che operazioni mentali sia capace di mettere in atto per affrontare il problema.
L'incremento della funzione metacognitiva permette al soggetto di sviluppare una visione dall'esterno del proprio problema, si rende conto, osservandosi, di quali pensieri, emozioni, comportamenti generano il disagio, impara, cioè, a conoscere quali credenze e scopi regolano il suo vivere. Questa capacità di osservarsi dall'esterno è premessa fondamentale per il processo di cambiamento in quanto determina distacco e consapevolezza, requisiti necessari per la revisione critica dei significati personali implicati nel disturbo.
Bibliografia
Beck A.T. (1976) Principi di Terapia Cognitiva. Un approccio nuovo alla cura dei disturbi affettivi. Astrolabio, Roma, 1988
Castelfranchi Cristiano, Mancini Francesco e Miceli Maria “Fondamenti di cognitivismo clinico” Bollati Boringhieri, 2001
Lorenzini R., Sassaroli S. “La Mente Prigioniera – Strategie di terapia cognitiva” Raffaello Cortina Editori, 2000
Semerari Antonio, “Storia, teorie e tecniche della psicoterapia cognitiva” Edizioni Laterza, 2006
Articolo a cura della
Dr.ssa Mariella Spilabotte
Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone
Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone
P.I. 2389810603
Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Lazio n. 6739
Laureata in Psicologia