NON LE COSE STESSE CI DISTURBANO BENSÌ LE OPINIONI CHE NOI ABBIAMO DELLE COSE”.
EPITTETO
Epitteto, filosofo greco, sosteneva che il raggiungimento della felicità dipende dal buon uso della ragione nel giudicare ciò che serve (ciò che è fondamentale, ed è in nostro potere) e ciò che non serve, non è in nostro potere o ci rende infelici.
Epitteto aveva ragione…vediamo perché.
Gli esseri umani tendono a pensare in maniera irrazionale, ad avere convinzioni irrazionali, a usare male i principi della logica e del ragionamento, a formarsi una visione del mondo poco realistica.
In tal modo si procurano emozioni e stati d'animo spiacevoli, e mettono in atto comportamenti disadattanti, autolesivi o palesemente assurdi.
Se noi elaboriamo pensieri irrazionali, questi influenzeranno non solo le nostre emozioni che distorceranno la realtà facendola percepire in maniera non obiettiva, ma saranno conseguenza di comportamenti negativi, non oggettivi, conducendo il soggetto a vere e proprie forme di psicopatologie.
Un esempio ci sarà sicuramente di aiuto:
“E’ notte e due persone sono a letto in attesa di prendere sonno, quando improvvisamente sentono un rumore”.
“Uno dei due, un po' seccato, si volta dall'altra parte e prova a riprendere sonno; l'altro, invece, si preoccupa, si alza dal letto e si dirige allarmato verso il luogo di provenienza del rumore”.
Noterete che le due persone reagiscono al rumore (situazione, evento) diversamente una dall'altra, ma perché se il rumore che sentono è lo stesso per entrambe?
La differente reazione emotiva e comportamentale è determinata dall'interpretazione che i due soggetti fanno del rumore, quindi dai loro pensieri.
Uno di loro probabilmente formulerà il seguente pensiero: "Al vicino sarà caduto qualcosa, domani gli chiederò di fare più attenzione a quest'ora della notte”.
L’altro soggetto probabilmente penserà: "Che cosa sarà successo? Staranno rubando qualcosa?”.
Come noterete dunque, non è la situazione di per sé a determinare ciò che sentiamo, ma il modo in cui interpretiamo tale situazione. Sono i nostri pensieri, la nostra percezione degli eventi che influenzano le nostre emozioni e il nostro comportamento.
Immaginiamo un’altra situazione esemplificativa: al mare, due ragazzi giocano sul bagnasciuga quando improvvisamente un’onda li travolge e li scaraventa a terra. Uno dei due, si rialza e si tuffa nuovamente in acqua, mentre l’altro, alzatosi, si dirige spaventato verso l’ombrellone. Cosa spiega questi due differenti comportamenti in risposta allo stesso evento? Probabilmente, la prima persona, travolto dall'onda, avrà pensato “che divertimento!”; la seconda, invece, è molto probabile che abbia pensato a qualcosa di minaccioso, ad esempio “non riuscivo a respirare, sarei potuto affogare!”. Anche da questo esempio si evince come lo stesso evento possa portare a comportamenti ed emozioni differenti, in persone diverse o nella stessa persona in momenti differenti, a seconda di come lo si interpreta.
La psicoterapia cognitiva si basa proprio sul presupposto che non siano gli eventi in sé a determinare le nostre reazioni ed emozioni, quanto piuttosto il significato che gli attribuiamo.
Perché interpretiamo gli eventi? La spiegazione che fornisce la teoria cognitiva è che le persone cercano di dare un senso a ciò che le circonda e si organizzano l'esperienza per non essere sopraffatte dalla grande quantità di stimoli a cui sono sottoposte ogni giorno. Con il passare del tempo le varie interpretazioni portano ad alcuni convincimenti e apprendimenti, che possono essere più o meno aderenti alla realtà e più o meno funzionali al benessere della persona.
Furono i fondatori dell’attuale cognitivismo clinico, Aaron Beck ed Albert Ellis, entrambi psicoanalisti, a rendersi conto nel corso della loro pratica clinica che i pazienti, dopo un po’ di pratica, erano in grado di riferire i pensieri che avevano generato le emozioni o i comportamenti che riportavano.
Beck afferma che esistono tre livelli del pensiero, che possono essere facilmente spiegati con l’esempio dell’albero.
Le convinzioni profonde sono delle strutture interpretative di base con cui la persona rappresenta se stesso e gli altri e organizza il suo pensiero. In altre parole uno schema è una tendenza stabile ad attribuire un certo significato agli eventi. Ad esempio, una persona che ha uno schema di sé del tipo "Non sono amabile" penserà che nessuno mai potrà amarlo e può interpretare la fine di una relazione non come un evento che può capitare a tutti e che di solito è influenzato da più fattori, ma come la prova che nessuno lo può amare. I contenuti degli schemi cognitivi vengono considerati come delle verità assolute. Questi pensieri sono, infatti, più globali, rigidi e ipergeneralizzati rispetto alle altre forme di cognizione. Essi possono riguardare noi stessi (schema di sé), gli altri (schema dell'altro) e la relazione di sé con l'altro (schema interpersonale).
Quali schemi una persona possegga e in quali e quante situazioni essi si attivino dipende dalla storia di vita di ciascuno: gli schemi infatti si sviluppano già a partire dall’infanzia e ci accompagnano per tutta la vita.
Le convinzioni intermedie sono delle idee o interpretazioni su noi stessi, sugli altri e sul mondo che ci permettono di organizzare l'esperienza, prendere decisioni in tempi brevi e orientarci nelle relazioni con le altre persone. Le convinzioni intermedie sono costituite da opinioni (es. "È umiliante andare all'esame impreparato!"), regole (es. "Devo sempre essere all'altezza della situazione!") e assunzioni (es. "Se prendo trenta tutti mi stimeranno"!).
I pensieri automatici sono le cognizioni più vicine alla consapevolezza conscia e sono delle parole, piccole frasi o immagini che attraversano la mente della persona ad un livello più superficiale (es. "Sarò sempre un fallito!").
Essi sono facilmente modificabili e sono direttamente responsabili delle emozioni provate dalla persona. Secondo il modello cognitivo, le convinzioni profonde influenzano le convinzioni intermedie e quelle intermedie influenzano i pensieri automatici; questi, infine, interferiscono direttamente sullo stato emotivo della persona.
Ad esempio, lo schema "Sono un incapace" può portare la persona ad avere la convinzione intermedia "Se non riesco a studiare vuol dire che sono davvero un fallito!"; tale assunzione, infine può far emergere il pensiero automatico "Sono proprio un fallito!".
Articolo a cura della
Dr.ssa Mariella Spilabotte
Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone
Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone
P.I. 2389810603
Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Lazio n. 6739
Laureata in Psicologia