Quando l’individuo oppone resistenza al cambiamento dello stato di sofferenza

Il paradosso nevrotico

Il paradosso nevrotico o resistenza al cambiamento consiste nell'impossibilità dell'individuo di apportare cambiamenti opportuni e possibili a condotte problematiche messe in atto, pur riconoscendone chiaramente l'inutilità, il carattere controproducente (akrasie), e l’intenso stato di sofferenza che ne consegue.

In altre parole, il soggetto riconosce che i propri atteggiamenti implicanti sofferenza non sono necessari e possono essere modificati, spesso il loro cambiamento è a portata di mano, ma, nonostante ciò, il cambiamento non si concretizza e l'individuo continua a provare sofferenza, spesso per anni.

Il cognitivismo parte dall'assunto che, per spiegare il comportamento di un soggetto, si debba focalizzare l'attenzione sul suo sistema di assunzioni, credenze e scopi; che i comportamenti, le emozioni, e le modalità di pensiero patologici siano differenti da quelli normali solo per quantità e non per qualità. Pertanto, per ambedue i generi valgono sempre gli stessi principi di spiegazione.

Pertanto, dato che il mantenimento o meno di uno scopo, la sua attivazione o disattivazione, è dipendente dalle credenze, si deduce che per spiegare la resistenza al cambiamento è necessario andare a considerare le credenze che sostengono la persistenza di questi atteggiamenti paradossali.

Tali credenze sono: debolmente giustificate, nel senso che il soggetto ha la possibilità di sostituirle con altre; nocive e dolorose, in quanto il soggetto non trae alcun vantaggio dal loro persistere.

Il cognitivismo clinico ha indicato tre tipi di spiegazioni riguardo alla persistenza di queste credenze: il principio di coerenza, il vantaggio secondario e i meccanismi funzionali.

Il principio di coerenza: si mantengono credenze disfunzionali, nocive, dolorose e debolmente giustificate, perché è il funzionamento normale della mente umana a favorire la coerenza interna delle credenze pregresse e a mantenerle; cioè, tali credenze anche se debolmente giustificate, dolorose e nocive, resistono al cambiamento perché risultano necessarie alla coerenza interna del sistema.

Il vantaggio secondario si basa sull'idea che un individuo mantiene credenze debolmente giustificate, dolorose e nocive perché ne trae un certo vantaggio: prendere in considerazioni credenze in alternativa a quelle disfunzionali comporta per l'individuo implicazioni peggiori, pertanto, in seguito a tale previsione, il soggetto mantiene e rafforza le credenze debolmente giustificate.

Le spiegazioni funzionaliste sono basate sull'osservazione che alcuni stati intenzionali determinano degli effetti non voluti capaci di mantenere e rafforzare le credenze di sostegno di quello stesso stato intenzionale; l'effetto non desiderato rende disponibili dati potenzialmente confirmatori ma non tiene conto delle possibilità che il soggetto non faccia anche esperienza di eventi disconfermanti.

La spiegazione funzionalista sembra più promettente rispetto alle due precedenti anche se presenta dei limiti; prima di tutto non c'è chiarezza sul perché si selezionino soltanto dati congrui con la credenza debolmente giustificata tralasciando quelli incongrui, inoltre, il fatto di prendere in considerazione solo dati supportanti la credenza nociva non ne giustifica necessariamente la conferma.

Una spiegazione funzionalista che superi i limiti esistenti nelle spiegazioni disponibili nella letteratura cognitivista è quella che propone di porre l'attenzione sul processo di controllo delle credenze: se il soggetto nella raccolta ed elaborazione dei dati tiene in considerazione o meno altre alternative.

Degli studi hanno portato alla conclusione che gli stati intenzionali influenzano il processo di controllo delle credenze in modi che possono risultare altamente confirmatori, se la credenza è molto accessibile e credibile, se il soggetto pensa che sia eccessivamente costoso cercare nuovi dati e se ritiene troppo alto il costo della possibilità di non accettarla erroneamente.

Bibliografia

Mancini, F., Gangemi, A. (2002). Il paradosso nevrotico ovvero della resistenza al cambiamento. In: Castelfranchi, C., Mancini, F., Miceli, M. (a cura di), Fondamenti di cognitivismo clinico. Bollati Boringhieri, Torino.


Articolo a cura della
Dr.ssa Mariella Spilabotte
Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone

Dr.ssa Mariella Spilabotte

Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone
P.I. 2389810603
Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Lazio n. 6739
Laureata in Psicologia

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