“Non si può impedire agli uccelli della tristezza di passare sopra la tua testa, ma si può impedire loro di fare un nido nei capelli”
(Proverbio Cinese)
La tristezza è un’emozione complessa ricca di sfumature diverse sia sul versante fenomenologico che su quello comportamentale-espressivo. Tale complessità è presente e si riflette nel linguaggio comune dove esistono numerosi sinonimi: dolore, abbattimento, desolazione…. E’ un’emozione spiacevole che tende a non estinguersi rapidamente ma a durare. Non ha una tendenza impellente verso l’azione e la scarica immediata, come la rabbia o la paura; non è centripeta come la paura che viene sperimentata come una cosa diretta dallo stimolo pauroso verso l’organismo, né centrifuga, come la rabbia che viene sperimentata come diretta verso qualcosa al di fuori dell’organismo. Sebbene scatenata il più delle volte da certi avvenimenti che si verificano nel mondo esterno la tristezza è riflessiva nel senso che sembra riflettersi sull’organismo che la sperimenta. La tristezza rallenta le attività dell’individuo e dura abbastanza da non evocare nell’individuo una pronta risposta motoria. Essa favorisce processi mentali lenti che determinano una riorganizzazione dei pensieri sulle direttive della vita al fine di un diverso comportamento finalistico. (Arieti- Bemporad “La depressione lieve” ).
A Bowlby sono riconducibili le prime ipotesi scientifiche sul ruolo giocato dai legami affettivi sullo sviluppo cognitivo e così pure sull’aggiustamento cognitivo che interviene a seguito di una perdita, aggiustamento favorito dal ritiro e dall’abbassamento del tono dell’umore che sono i segnali caratteristici della tristezza
(aggiustamento cognitivo è reso possibile dalla tristezza)
Il filone di ricerca sviluppatosi dall’ipotesi di Bowlby è così riassumibile:
L’invalidazione di uno scopo comporta una serie di modificazioni che possono essere osservate e studiate da diversi vertici:
Rimediare/ riparare al danno subito ritrovando il senso della vita richiede tempo:
Per sperimentare la tristezza occorre che il sistema abbia le seguenti caratteristiche:
La tristezza risulta interdetta a coloro che presentino un’organizzazione della conoscenza fortemente disfunzionale e disadattiva.
Dove c’è tristezza c’è un sistema che sta modificando schemi profondi di significato dopo aver abbandonato quelli che avevano prodotto la perdita di previsione: la tristezza innesca processi adattivi di riparazione che consentono di rimettere in moto e ripristinare un controllo sulla propria traiettoria esistenziale ( il sistema si prende cura di se stesso).
Goleman: la tristezza è un’emozione fuori moda in una società basata sulla competizione, molti nascondono la tristezza perché li etichetta come perdenti e deboli con conseguente compromissione della vita. La tristezza non viene espressa perché si teme di suscitare la pena negli altri.
In terapia è importante aiutare il paziente a eliminare gli ostacoli che si frappongono ad una adeguata manifestazione della tristezza (per esempio lavorare sul secondario della vergogna). Il terapeuta inoltre ha il compito di sostenere il paziente, guidarlo e motivarlo a riempire quel vuoto, a ridisegnare una nuova mappa di sé e del mondo.
Strategia terapeutica elettiva in caso di perdita è la costruzione dell’ombra aiutando il paziente nell’opera di costruzione di un mondo che non c’è per il semplice fatto che non è mai stato pensato.
La tristezza che si sperimenta nel lutto è funzione di un fallimento di uno scopo importante all’interno del sistema motivazionale dell’attaccamento- accudimento.
Averill considera il lutto una sindrome in quanto composta di più fasi:
Bibliografia
BECK AT -TERAPIA COGNITIVA DELLA DEPRESSIONE - BOLLATI BORINGHIERI, TORINO1987
JOHN BOWLBY - ATTACCAMENTO E PERDITA 2 LA SEPARAZIONE DALLA MADRE - BORINGHIERI 1975
S.ARIETI/J.BEMPORAD - LA DEPRESSIONE GRAVE E LIEVE – FELTRINELLI – 1981
Articolo a cura della
Dr.ssa Mariella Spilabotte
Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone
Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone
P.I. 2389810603
Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Lazio n. 6739
Laureata in Psicologia