Vergogna Ansia e Senso di Colpa

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La vergogna e il senso di colpa

VERGOGNA: emozione che esprime il timore(rischio che lo scopo potrebbe essere compromesso) o il dispiacere(compromissione dello scopo) di ricevere valutazioni negative; è il segnale della frustrazione o minaccia dello scopo della buona immagine o autoimmagine.

Lo scopo della buona immagine è quello di ricevere valutazioni positive dagli altri, quindi essere ritenuti maggiormente dotati di "potere di" e di conseguenza aumentare la probabilità di essere adottati, scopo quest'ultimo, considerato terminale. Lo scopo della buona autoimmagine è invece avere su di sè valutazioni positive. In alcuni casi lo scopo della buona immagine è uno scopo terminale, quindi non ha come sovrascopo quello dell'adozione.

Il soggetto che si vergogna prova dispiacere o timore che gli altri possano avere valutazioni negative di lui, quindi deduce che non è provvisto del "potere di" riguardo a qualche scopo da lui considerato importante per il proprio scopo della buona immagine o autoimmagine, pertanto è possibile dire che non tutte le valutazioni negative provocano vergogna.

È necessario specificare che non ci si vergogna davanti a tutti e delle stesse mancanze, dipenderà, quindi, dal principio di fronte al quale vogliamo ottenere giudizi positivi dall'altro che non sia chiunque ma un altro specifico; si può provare vergogna di fronte agli altri, di fronte a se stessi o anche solo di fronte al pensiero di cosa l'altro possa pensare se sapesse di un preciso fatto.

Gli aspetti cognitivi della vergogna: la vergogna ha un suo oggetto, cioè, il giudizio che l'altro esprime del soggetto che si vergogna.

Per provare vergogna, un individuo deve ritenere che ci sia "discrepanza" tra uno o più scopi dell'immagine e la valutazione che a suo avviso l'altro o gli altri hanno di lui; la discrepanza avvertita dal soggetto deve però essere "superiore ad un certo livello"(che superi la soglia di ciò che il soggetto reputa accettabile, normale e scontato); la vergogna scaturisce da un "giudizio di valore" di senso negativo riguardo ai poteri che l'individuo pensa di dover possedere per essere accettato dall'altro, inoltre, il soggetto deve condividere il criterio di valore attraverso il quale viene giudicato e deve ritenere giusto il giudizio che l'altro assume, se così non fosse, proverebbe rabbia. Altro ingrediente necessario per provare vergogna è che il soggetto ritenga che l'altro lo stia valutando negativamente ma anche al di sotto delle proprie aspettative e che l'assenza di potere sia scoperta, disvelata dall'altro. Infine, è necessario che l'agente ritiene chi lo giudica un membro significativo del gruppo del quale vuole far parte e che a causa della valutazione negativa, l'altro potrebbe mettere in dubbio la sua accettazione.

Gli aspetti fisiologici: nella postura della vergogna di si ravvede un segnale di sottomissione; l'individuo sembra riconoscere la sua mancanza, è dispiaciuto e chiede di non essere aggredito.

Il rossore del volto è un segnale tipico che contraddistingue la vergogna insieme ad una postura dimessa, capo e sguardo abbassato in segno di sottomissione.

Il soggetto che si vergogna vorrebbe sprofondare, sparire, nascondersi sotto un mattone.

La vergogna è un'emozione che sembra essere pretesa dal gruppo; in altre parole, si chiede alla persona che ha fatto una qualche manchevolezza di vergognarsi. Lo scopo di vergognarsi è quello di riparare alla violazione della norma.

L'emozione della vergogna ha una sua funzione ben specifica sia a livello individuale che sociale; per l'individuo la vergogna funge da campanello d'allarme che segnala il pericolo o la già avvenuta compromissione dell'immagine o autoimmagine offrendo al soggetto la possibilità di riparare in qualche maniera; socialmente, chi si vergogna esprime la condivisione di valori e norme del gruppo, ciò favorisce la maggiore coesione e la riaffermazione delle norme che lo regolano e all'individuo di non essere allontanato, escluso da esso proprio attraverso tale condivisione.

Anche se la vergogna ha una sua funzione comunicativa e adattiva, rimane sempre un'emozione spiacevole che può comportare anche ulteriori disagi all'individuo che lo porta ad avere la tendenza a vergognarsi della propria vergogna, la metavergogna. In altre parole, il soggetto valuta negativamente il fatto di vergognarsi e ciò instaura un problema secondario che deve essere affrontato per primo.

SENSO DI COLPA: si prova senso di colpa quando si crede di aver arrecato danno a qualcuno o violato norme sociali o morali; la colpa è una emozione sociale in quanto, deriva da un'azione sociale(arrecare danno a terzi o violare norme sociali), necessità di un destinatario (vittima) ed infine comporta una atto di riparazione e scuse, quest'ultimo determina la funzionalità della colpa poiché, riconoscere di aver causato danno a qualcuno implica la motivazione ad una corretta condotta socio-morale o il rafforzamento di legame interpersonale con la vittima.

Il senso di colpa è determinato da un colpevole, cioè colui che prova colpa, da una vittima, verso la quale ci si sente in colpa ed infine dal danno procurato e sofferto dalla vittima.

Lo scopo che sorveglia il senso di colpa è l'"equità", che può essere terminale ma anche strumentale, cioè servire al sovrascopo della dignità e del valore personale. Considerato che le emozioni oltre a sorvegliare scopi possono anche attivarne, la colpa è un'emozione che attiva due scopi, il primo è quello di riparare il danno commesso, agendo in modo da aumentare le fortune della vittima aiutandola o abbassando le proprie fortune arrecandosi danno, il secondo è quello di espiazione.

Nella colpa si identificano quattro ingredienti cognitivi necessari:

  • la valutazione negativa: il colpevole riconosce di aver commesso un danno e dà una connotazione negativa in termini di dannosità e cattiveria, di potere negativo di cui in modo diretto o indiretto ci si ritiene responsabili;
  • l'assunzione di responsabilità: comporta l'assunzione di aver causato un'azione dannosa e di aver avuto lo scopo di causarla e quindi non aver fatto nulla per evitarla;
  • la perdita di autostima morale: il soggetto che si sente colpevole deve avere valutazioni negative sul proprio comportamento e di conseguenza un'autovalutazione negativa in quanto attore di tale comportamento, ciò determina un abbassamento dell'autostima;
  • identificazione con la vittima: colui che si sente colpevole prova dispiacere con la vittima e soffre per il danno e il dolore che gli ha arrecato.

ANSIA: definita come uno "stato di tensione emotiva" complesso dove sono implicate:

  • risposte cognitive (preoccupazioni, pensieri di pericolo, aspettative negative e attenzione selettiva a stimoli negativi);
  • risposte fisiologiche (tensione muscolare, iperventilazione, tremori, palpitazione, sudore, aumento del battito cardiaco).

L'ansia è un processo che si distingue dalla paura; quest'ultima implica una valutazione cognitiva di un pericolo reale o potenziale in una data situazione, è quindi un processo cognitivo, l'ansia, invece, è la risposta emotiva a quella valutazione.

Le credenze e gli scopi che riguardano la paura e l'ansia sono attinenti ad una minaccia di un danno sia fisico sia psicologico e determinano comportamenti di fuga ed evitamento.

Il modello cognitivo dei disturbi d'ansia si basa sull'assunto che l'ansia sia legata a distorsioni ed errori cognitivi sistematici nell’elaborazione delle informazioni connesse ad un certo tipo di situazioni .L'ansioso utilizza schemi disfunzionali connessi alla nozione di pericolo e di vulnerabilità personale intesa come percezione che l'individuo ha di sé come soggetto a pericoli interni o esterni sui quali non ha alcun controllo o è insufficiente a dargli sicurezza e di capacità che il soggetto si attribuisce nella gestione del pericolo.

I processi di distorsione dell'elaborazione dell'informazione possono dar luogo ad eventi cognitivi del tipo: anticipazioni catastrofiche, pensieri automatici negativi, pensieri di inettitudine, malattia fisica o mentale, aspettative d’insuccesso e fallimento nelle proprie attività di coping ecc.

Per comprendere l'ansia è necessario focalizzare l'attenzione sulle distorsioni cognitive del paziente, sui suoi contenuti ideativi e le sue immagini: l'ansioso usa un'attenzione selettiva agli stimoli che indicano una possibile minaccia, tralasciando quelli che indicano assenza di pericolo, può attribuire una connotazione negativa a sensazioni fisiche (attacco cardiaco, cancro, ictus ecc.) o di malattie mentali(sto diventando pazzo) o di catastrofi in ambito sociale, può tendere ad interpretare gli eventi in termini dicotomici senza possibilità di incertezza o ambiguità.

L'ansia ha una sua funzione adattiva, generalmente è considerata una reazione utile a fini di sopravvivenza e di adattamento che consente di riconoscere il pericolo e le minacce e permette di mobilitare le risorse adeguate al fronteggiamento della situazione; quindi, è normale se è attivata da un pericolo reale e viene meno quando il pericolo non è più presente.

Il contenuto problematico principale non è rappresentato dunque dalla produzione dell'ansia ma dagli schemi cognitivi disfunzionali, inappropriati relativi alla minaccia e al pericolo: questi schemi costruiscono continuamente l'esperienza esterna e/o interna dell'individuo in termini di pericolo, producendo risposte basate su una stima eccessiva dell'entità del pericolo e su una sottovalutazione della capacità della persona di fronteggiamento.

Bibliografia

Castelfranchi C. Mancini F. Miceli M. ( 2002) Fondamenti di cognitivismo clinico Bollati Boringhieri Torino

Castelfranchi C. (2005) Che figura Il Mulino. Bologna.


Articolo a cura della
Dr.ssa Mariella Spilabotte
Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone

Dr.ssa Mariella Spilabotte

Psicologa e Psicoterapeuta a Frosinone
P.I. 2389810603
Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Lazio n. 6739
Laureata in Psicologia

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